I sassi di Lucania – Giugno 2009

luoghiGiugno 2009
SASSI DI LUCANIA
La potenza del paesaggio
in Luoghi dell’Infinito

Basilicata, terra di silenzio e di luce. Terra di fatica. Qui la miseria contadina ha conosciuto più che altrove le sue giornate più dure, le sue lotte più tormentate. Ma anche terra generosa, sicura. “Quando vedi la Basilicata dal cielo, vedi la terra come doveva essere, una regione preservata, autentica, pura”, ha detto il regista italo-americano Francis Ford Coppola. Traversarla è come rallentare il tempo. Lo sguardo non si stanca a leggere le tante declinazioni del paesaggio. Delle regioni della penisola, la Lucania è infatti quella che meglio d’ogni altra concentra i caratteri appenninici, con i paesi arroccati sulle creste dei monti e le sue valli dolci e riposte, le sue ampie teorie di campi arati, le sue coste scintillanti. I suoi colori sono il verde e l’ocra. E poi l’azzurro. Nel volgere di poche decine di chilometri si passa dalle foreste del Pollino ai calanchi di Aliano, alle gravine della Murgia materana, alle spiagge sabbiose di Metaponto. Un paesaggio incredibilmente vario, segnato da altezze e profondità, da cime impervie e valli rocciose, in cui, scriveva Leonardo Sinisgalli, “i fiumi scorrono lenti/ come fiumi di polvere”, dove i cammini sono di rado rettilinei, avvolgono piuttosto i paesi e le colline, traversano i campi e gli altopiani con discrezione, con sobrietà.
Se è la diversità a segnare la sua morfologia, un forte, unitario carattere ha sempre connotato la sua gente: dall’ “intelligenza aguzza, asciutta ed effettiva”, scrisse Guido Piovene nel suo celebre Viaggio in Italia. Dominazioni e calamità non hanno sopraffatto i lucani, che si sono sempre rialzati, anche se su una terra “ballerina”, devastata dai terremoti, argillosa e franosa, difficile da lavorare, che hanno lottato per avere e che, se costretti a lasciare, non hanno mai lasciato. Perché anche se emigrano, i lucani la propria terra se la portano dentro.
Fu dei Templari e del regno di Federico II. Da Melfi Urbano II lanciò la lega per la prima crociata e l’imperatore promulgò le sue Costitutiones. Ma già prima le città greche e poi quelle romane avevano messo le basi di una civiltà fiorente. Le vestigia sono importanti: a Metaponto, la città dove morì Pitagora, con il teatro e il tempio dedicato ad Hera, a Policoro, a Nova Siri. A Venosa nacque Orazio, per Grumentum passava la celebre via Herculea.
Basilicata, terra di castelli: se ne contano più di settanta, da quello imponente di Melfi a quello di Lagopesole, a quello di Malconsiglio a Miglionico. Ma anche terra di Vulcani. Il Vulture, famoso per le sue acque e per i laghi immersi in una natura misteriosa, è un vulcano spento dalla protostoria.
Più oltre, verso il potentino e il materano sono interminabili i campi di grano. Morbidi e solitari, ondeggiano leggeri d’estate col loro frutto maturo. I sentieri che li tagliano paiono segni di un linguaggio preistorico, immersi come sono in una natura ancora libera e solenne. Nonostante millenni di fatiche la presenza dell’uomo sembra non avervi lasciato traccia. Gli stessi centri urbani sono distanti, a volte molti chilometri, gli uni dagli altri.
L’accordo con la natura assume toni surreali nel materano. Qui dal settimo secolo i monaci basiliani scavarono i loro rifugi spirituali nella roccia. A Matera, nei Sassi Barisano e Caveoso, si contano più di 155 chiese ipogee. Dove una civiltà silenziosa e solenne ha vissuto in grotta fino alle soglie del contemporaneo. La terra frana a volte e si è costretti a lasciare la propria casa, come a Craco. Ma nel calcare arido la luce riverbera senza fine. Sono i “precipizi di argilla bianca – ha scritto Carlo Levi nel suo Cristo si è fermato ad Eboli – su cui le case stanno come librate nell’aria”.
Basilicata, terra di poeti, da Scotellaro a Pierro, a Isabella Morra, la giovane nobile del sedicesimo secolo, che a Valsinni venne uccisa dai fratelli per aver osato innamorarsi di un nobile straniero e che ci ha lasciato uno straordinario canzoniere. Basilicata, regione dei due mari, lo Ionio, con le sue spiagge di “sassolini bianchi e neri” che colpirono Italo Calvino, e il Tirreno, dove in una conca immersa in una natura celebre per il suo unico microclima, è una delle perle del Mediterraneo, Maratea, con il suo abitato a culla, proteso al mare di cristallo, e i resti del tempio di Minerva e la secca sottomarina di Castrocucco e le grotte carsiche che furono rifugio dei pirati.
Basilicata, terra accogliente. “Ahalan wa sahlan”, “sei venuto tra la nostra gente e la tua vita è sicura”, così è scritto accanto al logo della città di Pietrapertosa, sulle Dolomiti lucane, edificata nel Mille dai saraceni. Segno di una sapiente amicizia.
Giorgio Agnisola